L'acufene detto anche tinnito o "tinnitus" è un sintomo, non una malattia, definito come una sensazione di suono percepito in uno o entrambe le orecchie o, più genericamente, all'interno della testa, non sostenuto da sorgenti sonore esterne e causato da attività proprie dell'apparato uditivo o da alterazione dei meccanismi di elaborazione sonora.
In presenza di acufene è fondamentale effettuare una visita specialistica al fine di un corretto inquadramento diagnostico e conseguente terapia. Alla visita specialistica, a esclusivo giudizio del medico, può far seguito una serie di analisi cliniche e strumentali necessarie a un corretto inquadramento del sintomo. L’iter diagnostico può essere completato da indagini radiologiche (es. TC e RM) finalizzate a completare la diagnosi ed escludere patologie correlate.
Una revisione sistematica dei dati epidemiologici riporta che l’acufene interessa circa il 10% della popolazione generale, raro nei bambini, con maggiore rappresentazione nell’età compresa tra i 40 e i 70 anni e una maggiore frequenza nel sesso maschile rispetto a quello femminile (3/2). Anche se la maggior parte dei soggetti colpiti tende a “convivere” col sintomo e a non ricorrere all’aiuto del medico, circa l’1-2% dei soggetti interessati subisce un certo impatto sulla qualità della vita manifestando disturbi debilitanti come insonnia, mancanza di concentrazione, tensione e, nei casi più estremi, ansia e depressione.
In generale l’acufene può insorgere per un danno del sistema uditivo periferico, centrale o misto. Tendenzialmente sembra che la lesione debba essere ricercata a livello della periferia uditiva (coclea), interessando in particolare le cellule ciliate. Più raramente la lesione interessa le vie uditive centrali.
La ricerca ha dimostrato che in quasi il 40% dei casi non è riconosciuto alcun fattore eziologico. L’acufene non rappresenta di per sé una malattia, ma, piuttosto il sintomo di sottostanti patologie che interessano la coclea e/o una o più aree delle vie acustiche. La diagnosi che maggiormente è associata agli acufeni è la tecnoacusia ovvero l’eccessiva esposizione a rumori seguita dalla presbiacusia (calo dell’udito legato all’età), dall’otosclerosi e dalla malattia di Ménière. Traumi cranici, malattie metaboliche (es. diabete), farmaci ototossici, neurinoma dell’acustico e tutte le forme infiammatorie che interessano l’orecchio (otiti) e le alte vie respiratorie (rinosinusiti) possono far insorgere acufeni.
Anche se un fattore somatico, raramente, può causare l’acufene, è più frequente che i diversi componenti somatici si combinino con altre cause, come i deficit uditivi, agendo come elementi scatenanti o modulatori. Dall’unione dei diversi elementi, può insorgere un acufene con ampie fluttuazioni di volume, variabilità della localizzazione (cambia spesso la sede), presente prevalentemente di giorno o al risveglio, senza alcuna perdita dell'udito ma disturbi alla testa o al collo. Inoltre, acufeni più forti al risveglio fanno sospettare che i fattori somatici (bruxismo – posizione del collo e della testa) agiscano durante la notte.
È ormai riconosciuto che patologie dell’articolazione temporomandibolare o malocclusione dentale possono essere causa di insorgenza di acufeni. Solitamente questo tipo di acufeni sono definiti obiettivi perché possono essere ascoltati da un esaminatore esterno (es. Medico). Acufeni possono insorgere anche in chi serra o digrigna i denti (bruxismo).
I farmaci attualmente nel mercato, se utilizzati su prescrizione medica e alle dosi indicate, sono relativamente sicuri. I danni uditivi da farmaci se trattati prontamente, per esempio sospendendone l’utilizzo, possono essere reversibili. Il recupero solitamente avviene entro un mese fino ad un massimo di tre-sei mesi dall’evento. Spesso le condizioni generali del soggetto, l’utilizzo concomitante di altri farmaci o un deficit uditivo già presente (anche se di lieve entità) possono compromettere la risoluzione del problema. L’ototossicità si esplica utilizzando i farmaci ad alte dosi e per lunghi periodi di tempo. Si riconosce, comunque, una predisposizione individuale all’instaurarsi del possibile deficit uditivo e dell’insorgenza di acufeni.
La presenza di cerume nel condotto uditivo è un fenomeno naturale con funzione di protezione nei confronti dell’orecchio. Infatti il cerume serve a mantenere la superficie del condotto uditivo morbida e, grazie alla sua acidità e alla presenza di alcuni enzimi, svolge una blanda azione antibatterica. Il condizioni normali, il cerume viene lentamente espulso in modo naturale verso l’esterno. Per manovre esterne es. utilizzo dei bastoncini per la pulizia (cotton fioc) il cerume può accumularsi formando il comune “tappo”. L’occlusione del condotto può causare la percezione di suoni (per es. battito cardiaco, rumori mandibolari e muscolari) che scompaiono una volta rimosso il tappo.
Ogni persona definisce in modo personale l’acufene (fischio, sibilo, ronzio ecc.) Anche se, a volte, gli acufeni sono molto simili tra di loro. Il problema non è il tipo di suono percepito, quanto il significato dei suoni recepiti. Uno stesso suono, per esempio una canzone, ascoltata da persone diverse può suscitare indifferenza, emozione, fastidio, distacco, commozione, ovvero una vasta gamma di coloriture affettivo-emotive. Stesso discorso vale per l’acufene. Lo stesso identico acufene può suscitare reazioni completamente differenti tra le diverse persone che lo percepiscono. Pertanto, il problema non è l’intensità dell’acufene, ma come ogni individuo reagisce alla sua percezione.
Anche se gli acufeni possono manifestarsi in alcuni membri della stessa famiglia, al momento non ci sono prove scientifiche che si trasmettono per l’azione di uno o più geni mutati che provengono dal patrimonio genico di uno dei due genitori. Nella realtà ci può essere una predisposizione ereditaria a sviluppare un deficit uditivo a cui si può, in alcuni casi, associare un acufene.
L’acufene è un sintomo e non una malattia. In presenza di acufene è sempre obbligatorio effettuare una visita specialistica. Il sintomo assume caratteristiche di gravità quando la sua percezione nel tempo altera la qualità di vita di chi lo percepisce. Il processo di attenzione nei confronti dell’acufene comporta un depauperamento delle risorse personali che si manifesta con la comparsa di stress psico-fisico fino, nei casi più estremi e sostanzialmente pochi, all'insorgenza di segni ansiosi e depressivi.
Gli effetti degli acufeni sull’individuo possono essere molteplici andando dalla totale disattenzione verso il sintomo fino al completo coinvolgimento emotivo. Nelle forme più estreme (20-30% di chi li percepisce) gli acufeni assumono vere e proprie caratteristiche “invalidanti” con ripercussioni sulla qualità della vita: alterando o limitando la partecipazione alle normali attività sociali, i meccanismi del sonno, le potenzialità lavorative, l’equilibrio familiare, la capacità di concentrazione e l’abilità generale del soggetto. Nella realtà questa intrusività non è legata alla gravità dell’acufene quanto alle caratteristiche soggettive di chi lo percepisce.
All’acufene, in alcuni casi, si associa l’iperacusia. L’iperacusia è definita come un anomalo aumento della sensibilità uditiva, che non significa sentire meglio ma, piuttosto, una sensazione di fastidio, anche estremo, nel sentire alcuni tipi di suono a prescindere dal loro volume. L’iperacusia è dovuta a una alterazione del sistema di elaborazione dei suoni a livello corticale, mentre l’orecchio, spesso, non risulta in alcun modo danneggiato. Le persone che lamentano iperacusia possono soffrire anche di fonofobia ovvero paura a esporsi a suoni particolari.
È l’intolleranza nei confronti di specifici suoni, che provoca sensazioni di ansia, stress e rabbia, a prescindere dal volume del suono stesso.
La terapia degli acufeni è estremamente complessa e per questo deve essere effettuata una diagnosi corretta dalla quale deriva un trattamento personalizzato (non esiste una terapia unica per tutti i pazienti con acufeni). Scoperta la causa, se si riesce a farlo, la terapia sarà consequenziale. Nelle casi di acufeni cronici (> 6 mesi) le terapie sono molteplici e, spesso, coinvolgono diversi specialisti. Generalmente le strategie utilizzate si avvalgono dell’utilizzo della “sound therapy” (che negli ultimi anni ha subito numerose modifiche) e del counselling. La terapia del suono è l’arricchimento del mondo sonoro della persona che soffre di acufeni, finalizzato al blocco della percezione del sintomo. Obiettivo è evitare il silenzio. Il counselling è costituito da una serie di incontri da effettuare con lo specialista al fine di controllare l'acufene e il suo impatto sulla vita di tutti i giorni. Negli anni le strategie terapeutiche e le nuove conoscenze sugli acufeni, hanno dato vita alla nascita di nuove tecnologie - con risultati discordanti - (tipo Laser di biostimolazione, generatori di suono per il riposo notturno, sound pillow ecc.), alla sperimentazione di nuovi farmaci e a trattamenti terapeutici che utilizzano tecniche di rilassamento e ipnosi. Diete strettamente iposodiche e diuretici finalizzate al trattamento dell’acufene a seguito o con presunta genesi da idrope endolinfatico. Ultima nata tra le terapie, è la strategia che combina la terapia del suono e il counselling in un’app (Tinnibrain®) personalizzata in base all’acufenometria. Questo tipo di terapia, applicabile solo alle persone con udito normale, trae origine dalla Neuromodulazione Acustica Condizionata, una nuova tecnica terapeutica nata dalle più recenti ricerche di neurofisiologia e plasticità cerebrale.
È una strategia terapeutica che impiega i suoni, utilizzata per il trattamento degli acufeni o di altri disturbi con componente psicosomatica.
È un cuscino con all’interno uno o due piccoli altoparlanti connessi a uno spinotto esterno necessario per essere collegato a qualsiasi dispositivo che eroga suoni (mp3, Iphone, smartphone, radio, Ipad, lettore cd ecc.). Il cuscino sonoro è utile nella terapia degli acufeni per ascoltare suoni rilassanti e per favorire il riposo notturno.
Fondamentale prima di effettuare qualsiasi terapia è fondamentale sottoporsi a visita specialistica. Generalmente le persone con iperacusia vengono riabilitati in modo differente a seconda della copresenza di acufeni e deficit uditivi. Nei pazienti iperacusici senza o con acufeni, la “sound therapy” ha il compito di desensibilizzare gradualmente il sistema uditivo, iniziando con l’erogazione di suoni a bassa intensità, molto vicini alla soglia uditiva del paziente, per poi aumentare gradualmente in base al tipo di iperacusia e alla risposta del paziente stesso. Nel caso di iperacusia e contemporanea riduzione della capacità uditiva, si procede all’applicazione degli apparecchi acustici. Inizialmente l’amplificazione erogata deve essere minima per poi aumentare gradatamente, in stretta collaborazione con il gradimento e la capacità di adattamento del paziente. Alla terapia del suono, in alcuni casi, si deve associare un training psicoterapico.
La vertigine è uno dei sintomi più comuni nella pratica clinica quotidiana. Alcune volte definita come sensazione di disequilibrio o di “capogiro”, la vertigine è un’errata sensazione di movimento del corpo o dell’ambiente circostante, determinata da un’alterazione periferica o centrale di uno o entrambi gli emisferi deputati al mantenimento della postura. In alcuni casi alle vertigini si associano gli acufeni (es. Malattia di Ménière). I sintomi associati alle vertigini, molto spesso, ne aggravano la sintomatologia. Tra questi distingueremo i fenomeni neurovegetativi (nausea, vomito, sudorazione) e uditivi (acufeni, ipoacusia e sensazione di orecchio pieno).
L’acufenometria è una metodica strumentale che permette di determinare l’intensità soggettiva dell’acufene (loudness) e il range tonale (frequenza o pitch).
Negli anni passati, il mascheramento dell’acufene era una delle terapie più utilizzate. Il trattamento prevedeva l’ascolto di un suono esterno a banda larga (es. fruscio, rumore bianco) erogato ad un volume tale da “coprire” l’acufene. Nei suoi classici studi sul mascheramento, Feldman (1969) osserva anche che in un sostanziale numero di persone la percezione dell’acufene viene ridotta o annullata per un determinato periodo di tempo, subito dopo la fine del suono mascherante. Questi due fenomeni, che prendono rispettivamente il nome di mascheramento e inibizione residua, sono stati per molti anni utilizzati a scopi terapeutici. L’incapacità a mantenere livelli stabili di mascheramento e inibizione residua, nonché la ricerca della soppressione dell’acufene ha indirizzato gli studi verso nuove modalità di erogazione del suono. Proprio a fronte di queste problematiche, il mascheramento è stato messo in discussione e, in parte, abbandonato.
Negli anni ’90 nascono i primi lavori che utilizzano suoni non per mascherare ma per confondere la percezione dell’acufene con altri suoni. Impedire la percezione del tinnito non favorirebbe il naturale processo di assuefazione, presupposto fondamentale per il miglioramento clinico. Al contrario il mascheramento parziale riduce la loudness dell’acufene senza annullare la percezione facilitando i processi di habituation (Jastreboff et Al.). Il suono erogato non deve mascherare l’acufene ma deve essere regolato al mixing point: ovvero il punto nel quale acufene e suono esterno hanno la medesima intensità. Questo fenomeno determina la nascita di un terzo suono che facilita il fenomeno di habituation. Le tecniche di mascheramento totale e parziale hanno pertanto finalità completamente differenti (Henry et Al. 2002) poiché la prima costituisce una terapia sintomatica mentre la seconda è un trattamento adiuvante per l’adattamento percettivo al disturbo e si configura pertanto come trattamento riabilitativo (“sound therapy”).
L’acufene è un sintomo - in alcuni casi estremamente fastidioso - e non una malattia, quindi non potrà mai generare sordità, non è la causa di una eventuale presenza di sordità e, conseguentemente, non potrà mai aggravare una sordità. Il non capire le parole, non sentire alcuni suoni non è causato dal volume dell’acufene, bensì dalla diminuzione della sensibilità uditiva (ipoacusia) causata dal danno alle strutture uditive. La riduzione della sensibilità uditiva nel tempo, può dare la falsa convinzione che l’acufene sia aumentato o che sia la causa della sordità. Nella realtà il progressivo calo dell’udito nel tempo determina una riduzione della percezione dei suoni esterni necessari a “mascherare” l’acufene.
Nel silenzio o durante la notte i suoni e i rumori esterni sono ridotti (es. si riduce l’attività lavorativa e il traffico cittadino) pertanto sono molto meno i suoni che possono ostacolare la percezione dell’acufene. Di sera si riduce notevolmente anche la nostra attenzione verso qualcosa che sia diverso dall’acufene (es. un lavoro che stiamo svolgendo) questo fa sì che ci siano meno attività “competitive” con l’acufene e, conseguentemente, una falsa sensazione di aumento del volume.
Se le cause che hanno determinato l’acufene possono essere trattate farmacologicamente, chirurgicamente o con approcci terapeutici convenzionali l’acufene può scomparire. Essenziale è sottoporsi a visita specialistica (Audiologo/Otorinolaringoiatra) al fine di definire la diagnosi dalla quale deriva un trattamento personalizzato. Infatti, non esiste una terapia unica per tutte le persone che percepiscono acufeni. Gli interventi terapeutici, negli anni, hanno cercato diverse soluzioni di tipo farmacologico, chirurgico, strumentale e tutta una serie di approcci, spesso di dubbia efficacia. In questi ultimi anni i progressi della medicina e la maggiore conoscenza del sistema uditivo e delle sue connessioni ha permesso di mettere in atto strategie terapeutiche estremamente valide.
Poiché, ad oggi, non esistono farmaci di provata efficacia nell’attenuare o nell’abolire gli acufeni, in un numero significativo di casi e alla luce delle recenti ricerche di neurofisiologia i trattamenti del sintomo - per i quali sia stata esclusa, attraverso visita specialistica, indagini strumentali e radiologiche, la presenza di situazioni patologiche di pertinenza farmacologica e/o chirurgica - possono generalmente essere suddivisi in due grandi categorie: la prima comprende quelli finalizzati alla riduzione diretta dell'intensità dell'acufene e la seconda quelli volti ad alleviare il fastidio associato con l'acufene. Al primo gruppo appartiene la farmacoterapia, la soppressione elettrica tramite stimolazione magnetica transcutanea, l’osteopatia e la terapia chiropratica, laddove vi sia uno scompenso posturale. Parte a sé, vista l’importanza ormai da tutti riconosciuta, è data alla terapia del suono (sound therapy) in tutte le sue forme e mezzi di somministrazione. Nei casi di acufene cronico disturbante in assenza di risposta alla terapia farmacologica e/o ad altro tipo di trattamento, l’intervento è mirato alla conoscenza del sintomo e a strategie atte a ridurre il disagio a esso correlato (counselling); all’arricchimento del mondo sonoro del paziente o alla correzione di un possibile deficit uditivo (sound therapy); al controllo della percezione del sintomo ed alla modifica della risposta emotiva (terapia cognitivo-comportamentale e tecniche di controllo dello stato emozionale). La prevenzione si focalizza su un’opera di informazione dei danni uditivi da rumore, da malattie metaboliche e sul miglioramento dello stile di vita.
È ormai acquisito che a fronte di una riduzione della capacità uditiva (ipoacusia) con associati acufeni vi siano tutte le indicazioni a procedere all’utilizzo degli apparecchi acustici, previa diagnosi e prescrizione medica. Qualsiasi evento lesivo che sta alla base della perdita uditiva, se non prontamente corretto, può accrescere lo squilibrio delle vie nervose alla base della generazione dell’acufene e aumentarne, come conseguenza, la percezione. Il razionale dell’utilizzo degli apparecchi acustici sta nell’ormai acquisita certezza che questi dispositivi oltre a correggere l’ipoacusia, aumentano la quantità di suoni esterni con effetto “mascherante” nei confronti dell’acufene e inibiscono l’attenzione selettiva nei confronti del sintomo.
In tema di "sound therapy" le nuove conoscenze sulle "capacità plastiche" del sistema nervoso centrale hanno reso possibile lo sviluppo di percorsi terapeutici secondo il modello dell'Auditory Brain Training (allenamento acustico cerebrale). La plasticità cerebrale rappresenta la potenzialità del cervello di modificare la propria struttura e le proprie funzionalità a seguito di stimoli esterni o eventi patologici o traumatici. La possibilità di agire sulla plasticità cerebrale, mediante stimoli sonori esterni, a fini terapeutici è il fondamento di questa nuova strategia terapeutica che si avvale di esercizi sonori quotidiani a cui si associano melodie sonore (suoni della natura) costruiti “su misura” dell’utente. I processi evolutivi conseguenti, secondo i principi della Neuromodulazione Acustica Condizionata, sono il frutto delle più recenti ricerche di neurofisiologia e plasticità cerebrale.
La Neuromodulazione Acustica Condizionata, strutturata attraverso l’app Tinnibrain® per il sostegno della persona con acufene, è un'innovativa terapia del suono basata sulle più recenti conoscenze di plasticità cerebrale e ascolto condizionato. L'obiettivo della Neuromodulazione Acustica Condizionata è quello di allenare il cervello attraverso segnali acustici esterni con finalità terapeutica. L'allenamento sonoro quotidiano (Auditory Brain Training) sfrutta la plasticità corticale in modo da ridurre l'impatto dell'acufene e l'attività neurale correlata con il sistema uditivo e dal sistema uditivo ai sistemi limbico e autonomico. Conseguentemente la forza dell'acufene e la sintomatologia a esso correlata diminuiscono.
È un innovativo percorso di esercizi sonori quotidiani per il supporto all'acufene, che permettono, all'utente che li ascolta, di distogliere l'attenzione dal sintomo e sviluppare l'attenzione selettiva verso altri suoni. L'APP prende spunto dalla Neuromodulazione Acustica Condizionata (CAN), un'innovativa forma di terapia del suono basata sulle più recenti conoscenze di plasticità cerebrale e ascolto condizionato. L'obiettivo della CAN è quello di allenare il cervello nei confronti di segnali acustici esterni con finalità terapeutica. Se la frequenza di questi segnali è simile, ma non sovrapponibile a quella dell'acufene la corteccia cerebrale allenata entra in competizione con le aree stimolate dalla costante presenza dell'acufene sottraendo a questo il substrato sinaptico patologico.
Prima di utilizzare Tinnibrain® è necessario effettuare una visita specialistica per individuare la causa dell’insorgenza degli acufeni. Qualora il sintomo non sia trattabile attraverso farmaci, chirurgia o altro (es. utilizzo degli apparecchi acustici o dell’impianto cocleare) allora si può ricorrere a Tinnibrain®. Indispensabile è non avere deficit uditivi per i quali è richiesto l’uso di apparecchi acustici. Poiché Tinnibrain® è un percorso personalizzato, è obbligatorio effettuare l’acufenometria (indica la frequenza del proprio acufene) prima di accedere all’app.
Il percorso di sostegno della durata di 160 giorni prevede: esercizi di ascolto attivo giornalieri appositamente predisposti in base alla frequenza dell'acufene, della durata di 15 minuti circa e melodie sonore della durata di 60 minuti, che comprendono suoni della natura rielaborati con capacità di interferire con l'acufene, produrre effetti inibitori, favorire il rilassamento e il riposo notturno. Infine, ma non per ultimo, completano l’app 160 frasi - una al giorno - che sintetizzano definizioni, concetti, opinioni, convinzioni, riferimenti, spiegazioni, chiarimenti e descrizioni dell’universo acufene. L’atto è necessario ai fini di una migliore comprensione del sintomo, delle cause che lo possono far insorgere, degli effetti a esso correlati.
Gli esercizi sonori della durata di 15 minuti, possono essere effettuati in qualsiasi momento della giornata preferibilmente con cuffie e a volume di comoda udibilità. I suoni della natura della durata di 60 minuti erogati attraverso Tinnibrain® possono essere ascoltati in qualsiasi momento del giorno, anche per diverse volte, e della notte senza mascherare l'acufene. È consigliabile ascoltare le melodie sonore soprattutto nei momenti più silenziosi della giornata o quando l'acufene risulta fastidioso. Possono essere ascoltati in cuffia o attraverso qualsiasi dispositivo. Durante la notte può essere utilizzato il cuscino "sonoro". Un semplice cuscino nel cui interno sono collocati due piccoli altoparlanti dotati di uno spinotto per la connessione ad una sorgente sonora (per esempio smartphone) con scelta del suono della natura a propria discrezione.
Gli esercizi sonori devono essere effettuati con un volume non elevato ma tale da percepire i suoni e in comoda udibilità (il volume non deve dare fastidio!). Espressamente indicato ascoltare le tracce sonore al volume minimo utile a sentire i suoni.
Insieme agli esercizi sonori specifici, l'APP fornisce anche l'erogazione di suoni della natura (es. pioggia, onde di mare, vento, ruscello ecc.). Questi suoni con caratteristiche "rilassanti" devono essere utilizzati per ritrovare la calma, riposare, rinforzare il processo di "disattenzione" all'acufene. L’ascolto dei suoni della natura deve avvenire con un volume regolato al “mixing point” ovvero, di pari intensità al proprio acufene o poco sotto. I suoni non devono mascherare l’acufene! È espressamente indicato ascoltare i suoni in comoda udibilità.
La Neuromodulazione Acustica Condizionata specifica che i suoni e la musica, per essere efficaci sul sintomo, devono essere creati "su misura" per la singola persona. Tali suoni hanno precise e soggettive caratteristiche fisioacustiche. Ecco perché gli esercizi sonori di supporto sono predisposti sulla base dell'acufenometria. Secondo la CAN, il processo di plasticità non è, comunque, duraturo nel tempo, tanto che può ridursi dopo un intervallo compreso tra 6 mesi e un anno dall'interruzione dell'esercizio. Per tale motivo è consigliabile l'ascolto delle melodie sonore (suoni della natura), qualora l’acufene perduri, anche dopo la fine del training di 160 giorni.
Numerosissimi studi hanno evidenziato il duplice effetto psicoterapico della musica a livello fisico e psichico. I suoni della natura hanno caratteristiche rilassanti, distensive e distraenti e contribuiscono a rinforzare il processo di "disattenzione" all'acufene, effettuato attraverso gli esercizi sonori. Il suono delle onde del mare, del vento tra gli alberi, quello di un ruscello, il canto degli uccelli nel bosco determina calma mentale e predispone il corpo ad uno stato di riposo e relax.
Il disturbo del sonno, riconducibile nella maggior parte dei casi alla difficoltà di addormentarsi a causa della sensazione sonora e dell’ansia associata, costituisce uno dei riscontri più frequenti nella persona con acufene. Questo effetto è determinato dal silenzio notturno che rende la percezione dell’acufene più intrusiva. In questi casi ascoltare i suoni della natura interferisce con la percezione dell’acufene e facilita l’addormentamento. Il suono erogato non deve mascherare l’acufene ma essere di pari volume o poco sotto.